È da molto tempo che avevo l’intenzione di pubblicare questo articolo, ma poi per un motivo o per l’altro restava lì nelle bozze incompiuto, nonostante tratti un tema che negli ultimi mesi più volte mi è tornato in mente.
Si è appena conclusa la settimana europea del portare 2018, il cui slogan è stato “Portare unisce” e questo evento è stato per me lo stimolo per terminarlo.
Ho voluto approfondire diversi aspetti e per questo lo troverai diviso in due puntate 😉
Le regole del babywearing
Oggi ti voglio parlare di regole e di babywearing. Eh, già, regole!
Perchè se da una parte alcuni sottovalutano la questione dicendo che “tanto in Africa portano senza grandi attenzioni” (ma poi che cosa ne sa la gente di come si porti in Africa?!) oppure “ma serve per forza un corso per usare la fascia?!”, dall’altra c’è chi si fissa su regole rigide come: “il marsupio assolutamente no prima dei 6 mesi”, “gambe fuori”, “gambe dentro”, “nodo qui”, “leg pass lì” e così via…
Credo che anche nel Portare sia fondamentale che ci siano naturalmente delle regole. Ma quali regole?!
Il mio approccio
Nell’ultimo anno e mezzo ho avuto la grande opportunità di partecipare a numerose formazioni e convegni. Sono entrata a contatto con consulenti provenienti da diversi Paesi e scuole, ho potuto confrontarmi con loro e mi sono messa io stessa in gioco.
Ho conosciuto consulenti e formatrici con una grande esperienza e un approccio molto aperto che ho sentito tanto “mio” (in particolare sono davvero onorata di aver partecipato a dei workshops con Rosie Knowles e Franziska Federle).
Da loro ho imparato a dare ancora più importanza alla necessità di adattare le mie consulenze ai bisogni di chi incontro, senza partire da schemi predefiniti troppo rigidi.
In realtà, fin dalla mia formazione con la Scuola del Portare, mi era stato insegnato (e io stessa ho poi ho cercato di trasmettere) di osservare sempre la diade mamma bambino (o la triade, quando presente in consulenza anche il papà) senza avere risposte preconfezionate. Certo, nella Scuola sono state date delle linee guida, così come anche nella mia formazione alla Trageschule UK, ma nel mio modo di pormi ho poi sempre cercato di lavorare in base al mio sentire personale.
Provengo dall’ambito educativo, dove l’osservazione e l’ascolto attivo del bambino e dei caregivers sono i presupporti per comprendere i loro bisogni e anche nel mio lavoro di consulente ho portato questo tipo di approccio.
Viviamo in una società dove spesso i neogenitori sono abbandonati a loro stessi e al contempo vengono bombardati di consigli non richiesti, spesso approssimativi o fuorvianti sugli argomenti più disparati, anche sul tema del babywearing.
Da una parte vedere che si parli sempre più di babywearing mi compiace, perchè significa che il Portare si stia davvero diffondendo sempre di più anche nel nostro territorio e che i genitori di oggi tendano a voler essere consapevoli e informati. Dall’altra però queste “regole” fisse di cui vengo a conoscenza, dettate forse dal passaparola (tra genitori e/o professionisti) possono essere davvero fuorvianti e persino dannose!
Come lavoro con “il supporto di Virna”?
Il mio lavoro quotidiano, come dicevo, si basa sull’osservazione diretta e sull’ascolto, con i quali cerco di cogliere piccoli dettagli e sfumature.
Sicuramente nella mia professione, il mio sguardo è a 360 gradi e non è solo legato al babywearing, perchè non posso prescindere dal fatto di avere anche altre conoscenze e competenze, che sono per me una risorsa in più.
Tutto questo lo si impara e lo si affina con l’esperienza e con lo studio continuo, ogni giorno.
La formazione continua e l’esperienza a contatto con le famiglie mi stanno aiutando sempre più a cogliere, a volte semplicemente anche dagli sguardi, esigenze, domande o perplessità di chi mi sta di fronte.
Solo dopo aver fatto un’attenta analisi della storia personale, di ciò che posso osservare nella postura, nei gesti, nelle parole dei genitori che incontro e nei loro bimbi, do delle indicazioni. E quando lo faccio, lo faccio al momento e “ad personam”.
Cosa penso delle regole nel babywearing?
Penso che anche in questo campo le regole siano importanti, ma naturalmente sono forzatamente generalizzate, altrimenti non sarebbero regole.
Certi tipi di approccio eccessivamente normativi, non fanno altro che confondere, o peggio allontanare, le persone, invece che incuriosirle o avvicinarle.
Credo anche che per parlare di questa tematica, sia fondamentale fare un passo indietro, pensando a quello che succede nella realtà italiana.
La situazione sociale italiana
Purtroppo la maternità in Italia non è sufficientemente tutelata dallo Stato. Molto spesso le neomamme si trovano costrette a dover rientrare al lavoro quando i loro bambini sono ancora piccolissimi o si vedono decurtare parte del loro stipendio se scelgono di stare a casa.
Spesso si sentono confuse e frastornate tra la nuova realtà della maternità, i bisogni del bebè e le esigenze della vita sociale/ lavorativa.
Tutti pensano di avere il diritto e il dovere di dare consigli non richiesti, di parlare della propria esperienza personale, di sottovalutare o al contrario ingigantire le piccole grandi sfide del quotidiano.
Nella maggior parte delle realtà italiane manca una rete a sostegno per la famiglia.
Non è poi nemmeno così scontato decidere di partecipare a qualche gruppo per genitori, laddove ci siano, perchè spesso si pensa che chiedere aiuto e sostegno sia svilente.
In tanti paesi all’estero è diverso. Esistono congedi di maternità e paternità lunghi e ben remunerati, esistono servizi sul territorio, esiste la possibilità di trovare sostegno gratuito o a prezzi accessibili etc.
C’è proprio un approccio diverso, anche verso il babywearing e le consulenze.
– FINE DELLA PRIMA PARTE –
Mi spiace tenerti sulle spine, ma come ti ho accennato all’inizio le cose da dire sono molte. Ci vediamo tra una settimana per la prossima puntata 😉
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